Carta da parati #1Il dipinto nasce dal tentativo di perpetuare, immortalare un istante.
È in atto un processo che porterà a una condizione momentanea ma disagevole e travagliata. Un'immagine simbolica del principio mimetico studiato e analizzato da René Girard: l'impulso, lo sprone che sottende i comportamenti umani, ciò che muove l'individuo nella sua socialità. Le nostre azioni sono ritmate, marcate di volta in volta da un desiderio che non é autenticamente nostro, ma é sempre di qualcun altro che noi imitiamo. Ci troviamo inaspettatamente e irrazionalmente imbrigliati, intrappolati in una lotta nostra solo per metà, l'oggetto del nostro desiderio é mera proiezione, é pura imitazione. Il conflitto umano, la continua rincorsa alla felicità, sono quindi cagionati, non dalle nostre differenze, ma dalle nostre somiglianze. Qui un inusuale mimetismo criptico interessa i due protagonisti della scena, c'è una graduale e silenziosa perdita di identità; sfondo e arredo si trasformano repentinamente in inesorabili trappole fatali. Ciò che un tempo rappresentava un oggetto d'interesse, un obiettivo da raggiungere, é mutato in schiavitù e prigionia morale. La reinterpretazione del pointillisme ottocentesco, vuole essere un esplicito invito a interagire con l'opera, acquisire e mescolare gli elementi. Testo descrittivo a cura di Jenny Argentin
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Esaminando tra le righeNuances di grigio si impongono timidamente. Un dagherrotipo di fine Ottocento, il mezzo, la nuova possibilità di rievocare l'assenza e il vuoto mnemonico. Una necessaria “oscurità” e misticità caratterizzano quest'opera, derivata dal fatto che al ricordo, alla memoria non ci si accosta direttamente, ma attraverso i simboli, gli oggetti, l'analisi del colore. Un ammiccamento di breve respiro, un incontro fugace e illusorio, pochi istanti e tra il fruitore e il quadro si incunea una stoffa ordinaria e familiare, dalla morbida tramatura purpurea.
Dietro essa, solo un vuoto, il segno di un'ossessione, un rapimento, un gesto istintivo e primordiale. La volontà di impossessarsi e possedere per sempre quel volto e con esso l'anima della donna. Il viscerale bisogno di adempiere a un'assenza (presente o futura) attraverso l'immagine, comporta, innesca una subdola aggressività, un'oltraggio all'opera, sublimata appunto, “dall'estrazione” del volto. Testo critico a cura di Jenny Argentin
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Una briciola di tèIl fruitore diventa testimone di questa metamorfosi, avvicendamento, sollecitato dagli sguardi ammaliatori della giovane donna e il piccolo felino. Siamo difronte a una dea Bastet contemporanea (Dea Egizia con corpo di donna e viso di gatto). Il rigoroso pattern alle loro spalle conferisce concretezza, corporeità alla spiritualità della scena.
Testo descrittivo a cura di Jenny Argentin
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La gattaraIn questo dipinto, come in altri miei lavori, ho voluto esprimere la drammaticità degli elementi presenti attraverso lo sguardo assente e vuoto che li caratterizza. Sia i gatti che la bambina, si trovano in qualche modo estrapolati dal contesto dal quale provengono e costretti a convivere, intrappolati nella tela.
Questa «convivenza forzata» vuole essere una similitudine nei confronti dell’uomo, le cui scelte e azioni sono condizionate dal rapportarsi con gli altri; talvolta questo rapporto è vittima della casualità che lo determina. Ho voluto inoltre esprimere l’idea che ogni individuo è diverso dagli altri e rafforzare questo concetto utilizzando colori, forme e tecniche differenti l’una dall’altra e inerenti al nostro tempo. Saranno quindi il colore e la forma in questo caso, a rendere ancora una volta l’immagine di convivenza ma in questo caso si tratta della convivenza tra il passato e il presente. L’unico elemento che si distingue dal gruppo è il gatto con il fiocco di raso, in quanto sembra voler essere osservatore e non parte del dipinto. |